L’arte e la sua universalità ci portano inevitabilmente di fronte al grande dilemma: esiste una realtà oggettiva che tutti possono sperimentare allo stesso modo? Esiste un qualcosa in grado di fare breccia nelle categorie del gusto personale e delle variegate opinioni, squarciando la rete della soggettività che ci imbriglia in un mondo dove il reale ed il vero sono frammentati in miliardi di pietruzze, ciascuna capace di riflettere solamente l’ego del singolo che la forgia secondo la propria vaga impressione?
Certo, il progresso umano ci ha consentito di formare la nostra personalità in un mondo ricco di stimoli, di percezioni sensoriali, di correnti di pensiero tra le più disparate, dal villaggio al “villaggio globale”, dove ognuno di noi, cosa impensabile fino a poco tempo fa, può aver vissuto migliaia di vite, dall’impiegato all’imprenditore, dal giudice al ladro, dalla vittima al killer, dalla formica al dinosauro. Gli orizzonti si sono allargati creando mondi esponenziali, ognuno perfetto nella propria logica, ognuno logico nella propria perfezione, l’uomo è veramente all’apice della propria evoluzione.
Ma in questa proliferazione dei segni che rimandano a mille punti di vista differenti, a mille verità, come ci si sente? Perché proprio in quest’epoca si registra una maggiore insofferenza nel vivere, in uno scenario dai contorni sempre più indefiniti con prospettive sempre più incerte e legami sempre più inconsistenti con il “tutto”?
Perché al giorno d’oggi ci scontriamo con l’insorgere di certe nuove malattie psicosomatiche, come lo stress o la depressione?
Perché, ora più di sempre, sentiamo parlare di atroci delitti, o di folli suicidi, dove la pazzia raggiunge apici mai sfiorati?
È lecito quindi domandarsi:”Ma allora non si sta così bene? Perché, nonostante io abbia quasi tutto, sono spesso insoddisfatto? Chi sono io? Esiste un modo per essere felici?”
Il pregio del nostro secolo sta proprio nell’aver predisposto milioni di individui ad una ricerca, esteriore ed interiore, della fonte che possa placare la sete di conoscenza e soprattutto di pace che arde in noi, esseri tormentati dai dubbi e alleviati dai sogni.
Il sogno che mi ha consentito di rinascere e che mi permetto di raccontare è quello che mi è capitato alcuni anni fa.
– “Andrea, ho trovato un corso di yoga vicino al Colosseo, perché non vieni a provarlo martedì?”
– “Si sarebbe bello, anche se io ho la mia strada personale, poi ho un impegno…non so se faccio in tempo…”
– “Come vuoi, comunque ho letto sul volantino che è anche gratis.”
– “Ah, strano, io ho fatto due sedute qualche mese fa da un tale ed ho pagato 100 euro a prestazione…vabbè se faccio in tempo vengo, sai mi devo vedere con la mia ragazza…”
Il martedì, dopo una corsa nel traffico, arrivo, ovviamente in ritardo, in una sala accogliente a lezione già iniziata e mi accomodo tra altre persone, di età eterogenea che, con le mani aperte sulle ginocchia, i palmi rivolti verso l’alto sono già in “meditazione”. Intanto un signore dall’aria simpatica ci introduce le caratteristiche di questo tipo di yoga: “Sahaja Yoga“.
-“Sahaja yoga, è un termine sanscrito: “sahaja” significa “spontaneo”, “yoga” vuol dire “unione con il Tutto”; attraverso una semplice meditazione permetteremo alla nostra energia interiore, chiamata “kundalini” , di risvegliarsi nell’osso sacro e di raggiungere, passando per i nostri plessi energetici principali, i “chakra”, l’osso della fontanella e donarci così l’unione con la natura, con l’assoluto, sperimentando il presente in una consapevolezza senza pensieri….”
In me si sono affollate centinaia di domande e …
– “…Prima di rispondere alle questioni legittime che sicuramente affiorano alla vostra mente, vi chiediamo di provare a stare cinque minuti con le mani aperte, gli occhi chiusi e per questo lasso di tempo non reagire, non giudicare prima del tempo l’esperienza che state per compiere ma semplicemente, come degli scienziati, sperimentate e testimoniate quello che sta succedendo dentro di voi durante questa meditazione messa a punto da Shri Mataji Nirmala Devi…
Tenete la mano sinistra con i palmi aperti verso l’alto, sul ginocchio, e mettete la mano destra sul cuore…fate un bel respiro e poi buttate fuori tutta l’aria che avete dentro, per qualche volta.
Ora identifichiamoci con la nostra pare più profonda, quella che è connessa alla nostra capacità di provare gioia, il nostro Sé, e dentro di noi consideriamo questa energia kundalini come se fosse un essere vivente, la nostra madre interiore. Pronunciamo dentro di noi la frase: “Madre, io sono lo Spirito”.
Adesso mettiamo la mano destra sulla fronte, l’altra mano è sempre ben aperta sul ginocchio, e in questo punto abbandoniamo il peso della nostra testa, dei nostri pensieri, e diciamo dentro di noi: “Madre Kundalini, io perdono tutto e tutti, perdono anche me stesso”. Diciamolo alcune volte e ora passiamo all’ultimo punto: facciamo una leggera pressione con la mano destra sull’osso della fontanella ed operiamo un massaggio in senso orario, per alcuni secondi , e ora con tutto il desiderio diciamo: “Madre, per favore, donami lo yoga, fammi raggiungere l’unione con il Tutto, con la natura, con l’assoluto.”
Ora torniamo con entrambe le mani con i palmi aperti verso l’alto sulle ginocchia e, sempre con gli occhi chiusi, testimoniamo quello che avviene dentro di noi e, come un bambino che scorto un raggio di sole si precipita alla finestra per immergersi nei suoi raggi, restiamo in contemplazione, assorbiamo e facciamoci assorbire nell’abbraccio con la nostra Madre.
Adesso portiamo la mano destra alcuni centimetri al di sopra dell’osso della fontanella, con il palmo verso il basso, e verifichiamo cosa percepiamo su di essa…proviamo anche con l’altra e poi anche con le mani sollevate un poco sopra le ginocchia, sempre con i palmi verso l’alto e…”
Apro gli occhi, non so bene quello che è successo, ma mi sento diverso, qualcosa è cambiato.
Torno a casa, ceno, poi scendo nel giardino condominiale per portare a spasso il cane ed arrivato lì …non sono passate neanche due ore ed improvvisamente vengo colto da un barlume: ora, se ripenso al viaggio di ritorno, alla cena con i miei, alla passeggiata con il cane… il tempo è passato diversamente, è come se in quei momenti io fossi stato, forse per la prima volta, veramente lì con tutto me stesso.
È stato come se in quegli istanti il continuo rumorio dei pensieri che solitamente mi conducono al passato o mi preoccupano per il futuro si fosse attutito, lasciando lo spazio al presente, alla leggerezza che è propria della realtà così com’è, non appesantita dal nostro mentale. Mi sono sentito come quando da piccolo, dopo una scalata in collina si arrivava alla vetta e si restava senza fiato nella visone del panorama, quel momento l’ho sempre assimilato alla sensazione di felicità.
E ora, a pensarci bene, dov’è finito quel senso di insoddisfazione quasi continuo che si alternava a quei pochi sprazzi di momentanea euforia che hanno caratterizzato fin ora la mia pur giovane esistenza? Possibile che quello che ci affanniamo da sempre a cercare sia già dentro di noi e sia sufficiente a regalarci una vita piena di gioia e serena armonia, al di la degli stimoli esterni?
Possibile che la pace e la soddisfazione siano in realtà qualità presenti in ogni essere umano, che attraverso quest’energia Kundalini può ritrovare in modo semplice e spontaneo?
Possibile che Socrate con la celebre frase: “Conosci te stesso” volesse riferirsi proprio al fatto che, una volta che l’uomo abbia capito e toccato con mano il proprio universo interiore, potrà esprimere questa pienezza anche all’esterno e fondersi con l’intero universo?
Possibile che questo sogno che mi ha permesso di rinascere sia solamente un sogno?
O è realtà?
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Articolo tratto da: http://benvenutiinparadiso.wordpress.com/